"Il presidente mi ha chiesto di dare le dimissioni e non so bene per quale motivo. Poi sono venute fuori delle questioni che mi hanno dato fastidio e che restituisco al mittente". Fin qui le parole dell’ormai ex direttore sportivo dell’Ancona Domenico Sfrappa che ieri mattina ha tenuto una conferenza stampa per spiegare i motivi della rottura con il club biancorosso. Un racconto schietto e preciso fatto di tappe. Il tutto davanti lo sguardo vigile di Sergio Schiavoni che ha scelto il giorno più difficile per star vicino ad un amico, visto un legame che con il tempo si è consolidato.
"A livello tecnico so di aver commesso qualche errore di valutazione - ha spiegato con decisione Sfrappa - , ma sui presunti benefit che avrei pattuito con i giocatori (vitti e alloggi, ndr), non ho nessuna responsabilità. Lascio questo incarico con grande dispiacere, ma la cosa che mi ha fatto più male è stata questa: quella di non aver ricevuto nessuna telefonata da parte dei dirigenti. Gli stessi che erano presenti negli spogliatoi a festeggiare una vittoria, che mi hanno abbracciato esultando, o consolato quando le cose non giravano per il verso giusto".
Il progetto
La squadra mi è costata poco più di un milione di euro - ha sottolineato il manager umbro -, questo era il budget che avevo per allestire la rosa. Non ho speso un soldo in più. A Gubbio ho svolto il ruolo di direttore generale, ma qui ho dovuto vestire i panni anche del ragioniere>. Sfrappa replica anche alle critiche che gli sono state mosse sulle operazioni di mercato durante la sessione invernale. <Centocinquanta mila euro sarà la cifra che all’Ancona rientrerà da tutti quei club che ci hanno inviato ragazzi in prestito. Trecentodieci invece li darà la Lega Pro per la valorizzazione dei giovani. A gennaio sono arrivati tre calciatori: Di Ceglie pur di venire da noi si è ridotto di un terzo lo stipendio, Frediani grazie ai miei buoni uffici con Walter Sabatini della Roma, lo abbiamo preso quasi gratis. Libertazzi praticamente ce l’ha pagato il Novara. Dicono che non ho capito a fondo i programmi, ma forse non è chiara una cosa: questa è una piazza che vuole vincere, non ho mai pensato alla salvezza. Credevo nella forza del gruppo, tutti me lo facevano presente anche quelli che adesso mi criticano. Dopo la partita di Siena ho iniziato ad avvertire un atteggiamento diverso nei mie confronti ed ho fatto finta di nulla per un po’. La mia immagine è stata calpestata e non riesco a capirne i motivi. Sarei rimasto ed avrei accettato ogni piano, al resto ha pensato Miani che non mi ha mai chiesto di sfoltire l’organico, ma di migliorarlo. Il presidente ha avallato ogni movimento, altrimenti non mi sarei mosso. Ho cercato di sistemare chi giocava poco questo sì, ma senza riuscirci.
Il futuro
In testa avevo un programma per provare a fare qualcosa di importante il prossimo anno mantenendo l’ossatura della squadra. Penso alla figuraccia che è stata fatta con Lorenzo Paoli, una delle colonne dello spogliatoio. Lo abbiamo convocato in sede per offrirgli il rinnovo a condizioni ancora più basse di quello che gli avevo proposto l’estate scorsa. Avrei voluto essergli riconoscente, non mi è stato possibile. Se non entreranno altre risorse si potrà puntare solo su una truppa di ragazzini del ’98…>. Infine i saluti di rito: <Ringrazio la tifoseria, Marinelli, Schiavoni e Petrolini. Esco sconfitto, ma a testa alta.
Paolo Papili