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OGGI LA GIORNATA MONDIALE DEDICATA ALLA SINDROME DI DOWN

SINDROME DOWNOggi Lunedì, 21 marzo, si celebra l'undicesima edizione del World Down Syndrome Day, una giornata che, più di altre, può offrire l'opportunità di uno spunto di riflessione: "perché, ancora oggi, è necessario dedicare l'attenzione alla sensibilizzazione del benessere delle persone con trisomia del cromosoma 21"?
Ci sarà un giorno in cui non sarà più necessario educare la società al rispetto di ogni essere umano, affinché nessuno venga privato della propria dignità?
Avere la sindrome di Down non significa avere una malattia. Non rappresenta

neanche una prigione dalla quale non è possibile uscire, ma più semplicemente il punto da cui partire per vivere appieno la propria vita superando le difficoltà imposte, alla nascita, dalla condizione cromosomica. Sono la società ed i processi di semplificazione, attraverso i quali le persone costruiscono il proprio bagaglio di conoscenze, a creare un universo chiuso che imprigiona sfumature e differenze lasciando il posto a stereotipi e pregiudizi. Processi cognitivi che finiscono per configurare le persone con sindrome di Down in una certa categoria di individui. Le persone con Sindrome di Down sono tutti uguali? Cosa potrò mai condividere con una persona che ha un ritardo cognitivo? Se avqualcuno ancora si pone questo genere di domande vuol dire che una loro piena inclusione nella società non è ancora avvenuta. Ancora peggio quando il risultato è un atteggiamento pietistico o di totale indifferenza. La società, seppur lentamente, si evolve. Chiaramente in tanti sanno perfettamente che le persone con la Sindrome di Down, seppur accomunate da simili tratti somatici, non sono tutte uguali, hanno il loro carattere, le proprie peculiarità, così come hanno molteplici capacità. Considerarli come qualsiasi altro essere umano significa dar loro modo di esprimere queste capacità, facendoli sentire parte integrante della società e non di una categoria di individui.

La storia di Valentina
"Ciao sono Valentina, ho 12 anni, sono sorridente, la mamma dice un po' troppo vivace e chiacchierona ma piena d'interessi; faccio parte di un gruppo musicale, canto, suono la chitarra ed anche i bonghi. Organizziamo concerti, nei locali e nelle scuole, per far sapere che anche noi persone "speciali" sappiamo e possiamo fare tante cose. La mia più grande passione, da quando ero piccolina, però è lo sport".
Valentina è una bambina con la sindrome di Down che, come alcuni suoi coetanei, ha già una vita piena di impegni nonostante la sua giovane età. Lo sport le ha dato sicurezza, gratificazione e riconoscimenti ma soprattutto ha aperto un nuovo capitolo della sua vita. L'attività sportiva ha fatto un po' da apripista a tanti altri interessi che ha deciso, autonomamente, di portare avanti con curiosità e determinazione. Ha iniziato a fare sport, presso uno dei team Special Olympics di Roma, La Lepre e la Tartaruga, all'età di 5 anni; ha sperimentato prima con il nuoto, poi la corsa. Le ultime gare a Bormio, con le racchette da neve, in occasione dei Giochi Nazionali Invernali Special Olympics, nel gennaio scorso. Le due medaglie conquistate, bronzo nei 25 metri e l'Oro nei 50, significano tanto.
Le difficoltà nei primi anni di vita
Valentina, come molti bambini con la sindrome di Down, è nata con un problema al cuore ed i primi 3 anni di vita sono stati molto duri.
"Quello che vi ha raccontato Valentina – afferma la mamma - è un breve riassunto di ciò che è lei. Potremmo scrivere pagine e pagine, perché la nostra storia è molto lunga e complicata. Contestualmente alla sua nascita persi improvvisamente il mio papà e a mia mamma diagnosticarono un tumore. Mi ritrovai sola con mia figlia ad affrontare mille difficoltà. Cercavo per lei la strada migliore ed essendo stata una sportiva, in associazione alle cure ed alle terapie, pensai che lo sport potesse essere la strada giusta. Poco dopo l'intervento al cuore di Valentina vennero a Roma alcuni amici di Brescia, anche loro con una figlia che ha la sindrome di Down. Mi chiamarono dicendomi che Silvia avrebbe partecipato ai Giochi Nazionali Special Olympics che si svolgevano nella capitale. Rimasi affascinata dal clima che si respirava, sognai di poter vivere con mia figlia quelle emozioni e di offrirle l'opportunità di condurre una vita normale".
Lo sport come strumento di crescita
"Ricordo ancora l'emozione della sua prima gara di nuoto, così come quella di atletica. Era come lasciarsi dietro le spalle tutta quella solitudine che aveva caratterizzato i primi anni di vita". Valentina è sempre stata una bambina socievole e fortemente volitiva, ma troppo protagonista; non accettava le sconfitte, lo sport l'ha aiutata tanto in questo, le ha permesso di capire che non è solo competizione, ma anche gruppo, sostegno e condivisione. Di medaglie, nel corso del tempo, ne sono arrivate tante; di bronzo d'argento e anche d'oro. Al di là del suo valore, vederla sul podio mi ha fatto capire che ce l'avevamo fatta; non eravamo più sole. Special Olympics ha aiutato tanto anche me come genitore, mi sentivo sola per tutte le cose negative che avevo dovuto affrontare, ma soprattutto perché mi ero chiusa in un mondo che credevo potessi comprendere e gestire da sola. Nel condividere il tempo con altri genitori, fratelli, sorelle, amici, ho conosciuto tante storie che mi hanno aperta al mondo".
Nessun limite ai sogni
"Ognuno di noi ha le proprie capacità, così come l'opportunità di migliorarsi attraverso l'attività e l'impegno. Ci credo fermamente, per questo, dopo diverse esperienze ho deciso di impegnarmi nel coinvolgere altre mamme che fino a quel momento vedevano lo sport come un traguardo impossibile per i propri figli. Ancora ricordo con emozione, due anni fa circa, la figlia di un'amica, con tratti autistici e grave ritardo cognitivo, correre in pista ed arrivare seconda al traguardo. Vidi la mamma piangere per la prima volta e mi disse: "Hai ragione, si può ed è bellissimo". Valentina ha iniziato grazie a Silvia che, nel luglio ed agosto scorso ha partecipato ai Giochi Mondiali di Los Angeles; oggi anche lei spera di poter avere in futuro un' opportunità del genere e rappresentare l'Italia ad un Europeo o ad un Mondiale. Ho imparato a non dare limiti ai sogni, le auguro in futuro di prepararsi la valigia, dove dentro non ci saranno solo vestiti ma anche autonomia e voglia di non mollare mai mettendosi sempre in gioco senza aver paura di sentirsi giudicati".